• Home
  • Articoli
  • Il legame di attaccamento del bambino al genitore
Il legame di attaccamento

Il legame di attaccamento del bambino al genitore

Alla nascita un bambino è completamente dipendete da un adulto che si occupi di lui, che soddisfi prontamente il suo bisogno di essere nutrito, calmato, riscaldato e nel cui abbraccio possa sentirsi sicuro.
L’evoluzione ha perciò dotato il bambino di un sistema innato, detto sistema dell’attaccamento, che comprende una serie di comportamenti come il pianto, l’aggrapparsi, il seguire per mantenere la vicinanza con una figura di riferimento, in genere la mamma, che lo protegga.

Lo scopo dell’attaccamento è proprio quello di fare in modo che l’adulto si prenda cura del bambino garantendo così la sua sopravvivenza.

Da subito il neonato ha la capacità di intuire quali sono i modi di agire graditi dall’adulto, quelli che favoriscono il mantenimento della relazione e quelli invece che al contrario la mettono in pericolo e comincia così a regolare il proprio comportamento in base a queste aspettative, escludendo tutte le azioni e le emozioni che sono intollerabili per il genitore, per poter ottenere il massimo della sicurezza possibile.

All’interno di questa prima relazione di dipendenza affettiva, attraverso la ripetizione di esperienze relazionali ed emotive, un individuo costruisce la propria personalità, cioè si forma una visione di sé, degli altri e del mondo che nel tempo diventerà sempre più stabile e che per lui rappresenterà la realtà. Affermazioni come: “Non ci si può mai fidare degli altri”, ”È tutta colpa mia”, “Non c’è giustizia nel mondo”, “Non devo essere perfetto” hanno radici nel modo in cui ci siamo sentiti accolti tra le braccia di mamma e papà e ci siamo sentiti guardati da loro.

Man mano che cresce il bambino è sempre più capace di leggere i segnali dei genitori, la mimica, la postura, il tono della voce, per comportarsi come pensa che il genitore si aspetti, per compiacerlo, per non deluderlo, per evitare critiche o per non soffrire vedendolo angosciato o deluso.

La qualità del legame tra il bambino e il suo caregiver può essere di tipo sicuro, insicuro o disorganizzato.

Un attaccamento sicuro è quello in cui il genitore è attento e amorevole, interviene prontamente quando il bambino è in difficoltà, lo lascia allontanare per esplorare il mondo seguendolo da lontano con uno sguardo tranquillo e fiducioso, riconosce e legittima le emozioni che il bambino prova. La sicurezza non dipende dalla costante presenza fisica o dal soddisfacimento di tutti i bisogni del bambino, ma dalla disponibilità dell’adulto ad entrare in sintonia con lui, per riconoscere, accogliere, legittimare e capire insieme quello che gli capita nella mente e nel cuore. Il bambino che cresce in una relazione di questo tipo avrà fiducia in sé, si sentirà una persona degna di amore e di conforto, potrà permettersi di esprimere un disagio e chiedere aiuto aspettandosi dagli altri disponibilità e benevolenza, potrà sentire tutte le emozioni, anche quelle spiacevoli, ed esprimerle senza timore.

La cifra della sicurezza è il benessere dato dal rilassamento, dalla calma, dalla tranquillità di potersi affidare all’altro senza doversi difendere da alcun pericolo. Questo stato di calma, che dipende dall’attivazione della componente ventrale del nervo vago, si riflette anche sul corpo e sulle sue funzioni fisiologiche (battito del cuore calmo e regolare, respiro lento e profondo, muscolatura rilassata).

Può capitare che un adulto, per i motivi più svariati (lutto, difficoltà economiche, separazioni) non sia disponibile nei confronti del figlio o non riesca ad offrirgli quelle cure e attenzioni di cui avrebbe bisogno. Va tenuto conto che il modo in cui un bambino viene amato è il frutto di come è stato amato a suo volta il genitore che lo sta crescendo e da come sono stati amati i suoi nonni.. in un concatenamento che affonda le sue radici in un tempo lontano.

In un legame di attaccamento insicuro-evitante i genitori potrebbero ad esempio non sentirsi a loro agio con il contatto fisico ed essere poco propensi alle dimostrazioni di affetto, scoraggiandole anche nel bambino, oppure potrebbero minimizzare le difficoltà e non intervenire in caso di bisogno, lasciando che il figlio se la cavi da solo senza offrirgli aiuto e conforto.  La mamma potrebbe ad esempio sminuire un momento difficile: “su alzati, non è successo niente, non mi sembra il caso di piangere per così poco”, o non accorgersi di ciò che il bambino prova o arrivare addirittura a ridicolizzarlo per l’espressione di emozioni negative “Non fare il piagnucolone altrimenti nessun bambino vorrà più giocare con te”, “se continui a piangere me ne vado”, “se ti arrabbi la mamma piange”. Il bambino che fa ripetute esperienze di un genitore non disponibile, si riterrà poco degno di attenzioni, preferirà tenersi a distanza per non disturbare diventando indipendente, imparerà a consolarsi da solo e fidarsi soltanto di sé stesso.

Esternamente vedremo un bravo bambino, un piccolo adulto responsabile ed obbediente capace di comportarsi bene e non creare problemi.  Quel bambino che nella relazione con il genitore ha appreso ad auto-consolarsi “spegnendo” le proprie emozioni, da grande si terrà alla larga da legami emotivamente coinvolgenti, preferendo relazioni che preservino gli spazi di libertà e autonomia.

L’attaccamento insicuro-ambivalente è tipico di un bambino che ha sperimentato delle cure imprevedibili e incoerenti. È il caso, ad esempio, di un genitore che in alcuni momenti è disponibile a confortare il figlio in difficoltà, mentre altre volte lo lascia piangere senza consolarlo o si mostra addirittura irritato dal disagio del bambino. Oppure vi può essere un’alternanza di atteggiamenti freddi e distaccati, magari proprio quando il figlio ha bisogno, a comportamenti intrusivi in cui il caregiver sembra essere mosso più da una sua necessità piuttosto che da quella del figlio, ad esempio forzandolo alle coccole quando è impegnato nel gioco.  Di fronte a delle cure così imprevedibili il bambino impara, in maniera inconsapevole, che per poter avere il genitore vicino e controllare la sua disponibilità dovrà “appesantire” la relazione enfatizzando i suoi sentimenti negativi: protestare con rabbia, piangere disperatamente, fare tante richieste... diventare quello che comunemente viene definito un “bambino capriccioso”. Da adulto si considererà una persona vulnerabile, dubiterà del proprio valore, non si sentirà degno di amore e di cure e avrà la percezione di non essere capito e importante per l’altro. Le relazioni, in particolare quelle di coppia, saranno caratterizzate dal timore del rifiuto e dell’abbandono che lo porteranno a considerare il partner inaffidabile e a provare sentimenti di gelosia, sfiducia, sospettosità, rabbia e a dover continuamente controllare e ricercare la sua presenza.

Infine, l’attaccamento disorganizzato è quello che si stabilisce nel caso in cui i genitori non siano in grado di prendersi cura dei bisogni del bambino perché ancora impegnati a rivivere i vissuti traumatici della propria storia. Un genitore che non ha ancora rielaborato un trauma come un lutto, un abuso o una violenza rappresenta per il bambino contemporaneamente una fonte di paura e di sicurezza. La mamma che spaventa il bambino ed è svalutante, abusante o totalmente inadempiente è anche l’unica figura verso cui il figlio può correre in caso di bisogno: chi dovrebbe fornirgli cura e protezione è anche fonte di paura e di minaccia. Il bambino non riesce pertanto a organizzare alcuna strategia per sopravvivere e non riesce a interiorizzare un’immagine interna rassicurante dell’altro e di sé stesso.

Il modo in cui guardiamo noi stessi e ci muoviamo nel mondo è quindi qualcosa che abbiamo imparato da come i nostri genitori si sono presi cura di noi. Queste convinzioni ci guidano come un filo rosso nel corso della vita, plasmano e determinano percezioni, abitudini e aspettative. Anche quando ci innamoriamo scegliamo un partner che ci confermi il nostro senso di identità.  

Tuttavia, gli incontri che faremo nel corso della vita possono essere un’occasione per revisionare e modificare quelle lenti attraverso le quali ci osserviamo e osserviamo il mondo. Un compagno sicuro può disconfermare le aspettative negative di sé  e dell’altro, così come una relazione terapeutica in cui ci sia spazio per riconoscere, accogliere e integrare tutte le parti di noi.



P.I. 03242800138
© 2020. «powered by Psicologi Italia». È severamente vietata la riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei contenuti di questo sito.
www.psicologi-italia.it